Luigi Scuderi è un fotografo romano con una fortissima passione per quello che per lui è più che un lavoro, è un modo di essere. Con la macchina fotografica è stato amore a prima vista sin da bambino, quando ricevette la prima macchinetta fotografica per la prima comunione. Per anni la fotografia è stato un hobby, via via sempre più importante, fino a diventare una parte integrante della sua vita. Ha vinto numerosi concorsi fotografici, anche a livello internazionale, le sue foto sono state pubblicate su libri e riviste. Ecco l’intervista esclusiva per Italia Forever.
Come ti definiresti personalmente e professionalmente?
Sono una persona fortemente appassionata del mondo delle immagini, che riescono ad esprimere quello che penso e che immagino molto più delle parole, per quanto mi riguarda. Quello che faccio si può sintetizzare in due parole: immagino immagini. L’immaginazione è sempre stata molto forte in me, sin da bambino, quando leggevo i libri di Salgari, ed è l’arma in più che metto al servizio della produzione di immagini. Non mi limito a registrare quello che vedo, aspiro a creare quello che immagino. Se poi lo faccio con un po’ di poesia allora nascono opere di cui posso andare fiero.
Quali sono i suggerimenti per chi si approccia a questa professione?
Coltiva sempre la curiosità, sii sempre aperto alle novità, il mondo cambia in fretta, e questo è un bene per chi non si lascia travolgere ma trasportare. La tecnica è importante ma molto più importante è la cultura visiva, che si rafforza ogni giorno immergendosi nel mondo delle immagini. Ogni ora ne vengono prodotte milioni, e di queste migliaia sono interessanti, le fonti di ispirazione sono immense e ci sono strumenti utilissimi per sfruttare questo flusso: social come Pinterest sono fantastici per ottenere ispirazione. E poi sperimenta, sperimenta, sperimenta, fai errori senza averne paura, ti fanno imparare e a volte ti fanno creare qualcosa cui non avevi pensato.
Quando e com’è nata la tua passione per la fotografia?
Ero bambino, ricevetti una macchina fotografica automatica per la prima comunione, ne fui subito affascinato, fotografai dei fiori ed i miei genitori. Non ho più smesso di fotografare. Quando mi rubarono quella macchina fotografica mia zia me ne regalò una tutta manuale, e da lì feci il salto, dovendo capire le basi dell’esposizione e della messa a fuoco.
C’è stato un incontro con qualcuno che si rivelato importante per la tua crescita professionale?
Al momento no, forse con qualcuno che leggerà questo articolo, chissà. Tante persone mi hanno influenzato ma nessuno è stato più decisivo di mia zia con il suo regalo.
Potresti darci una breve introduzione sul tuo stile fotografico?
Ecco, quando si parla di fotografia tutti dicono che lo stile è fondamentale, che un fotografo di successo deve riconoscersi immediatamente dallo stile delle sue foto. Per me tutto questo è decisamente sopravvalutato, e un tantino limitante. E’ ovvio che ogni fotografo ha un suo timbro personale, che ha dei gusti che lo portano a fare più frequentemente certe scelte creative, ma io credo sia più importante poter esprimere più stili, e di poter adattare lo stile al progetto. Ogni progetto ha un suo percorso creativo e lo stile con cui si costruisce è una scelta creativa importante. Le opzioni sono infinite ed è un peccato limitarsi a quelle di un singolo approccio. Amo le foto in bianco e nero dal contrasto forte ma non esito a fare bianchi e neri ricchi di tonalità intermedie e privi di bianchi e neri assoluti se sono funzionali ad esprimere la mia idea. Quello che è un punto fermo del mio stile è che viene prima l’idea.
Cosa ti piace mostrare nelle tue fotografie e che significa per te una buona fotografia?
Mi piace mostrare quello che non vedi di solito, e mi piace raccontare, ma non nel modo consueto del fotogiornalismo, mi piace la fiction fatta con la fotografia. Adoro lo storytelling. La buona fotografia racconta qualcosa, la grande fotografia racconta in modo poetico.
Qual’è stata la tua migliore esperienza professionale?
Oggi mi piace raccontare di quando mi hanno chiesto di creare una campagna che mettesse in evidenza il simbolo di un brand di gioielli: un dado. Carta bianca. Una bellissima situazione per me. Immaginai una storia di due donne che si contendono un uomo e… se lo giocano a dadi. Ho impiegato mesi a pianificare tutto, a fare una vera e propria sceneggiatura. E alla fine scattai tutto in un solo giorno, presso il Casinò di Saint Vincent (quale luogo migliore?), e fu un grande successo. Ne ho fatto anche un video, che è stato presentato al Taormina film festival, e la foto iconica di quello shooting fu stampata in versione gigante su tela e la stilista ci cucì sopra dei cristalli Swarowsky.
Leggi riviste di fotografia? Se si, quali?
Di riviste di fotografie ne ho lette tantissime, fino a qualche anno fa. Ero innamorato di Zoom, perché concentrata sulla creatività più che sulla tecnica. E adoravo le edizioni di Photo con le foto dei concorsi per fotoamatori. E poi divoravo tutte le riviste dove le immagini erano importanti, da Vogue a National Geographic, e staccavo sempre le foto che mi piacevano per metterle da parte. Questo oggi lo faccio ormai da anni su Internet. Il mondo è cambiato.
Hai qualche attrezzatura fotografica e fotocamera favorita?
L’attrezzatura è un mezzo, cerco sempre di averne uno di qualità assoluta e con cui mi trovo bene. Col passare degli anni apprezzo maggiormente la leggerezza, soprattutto quando viaggio, per cui ho affiancato alla mia reflex Nikon una mirrorless Fujifilm. Anche con le luci ho via via arricchito il mio arsenale con luci molto portatili, perché amo molto scattare on location, dove ho più opzioni rispetto ad uno studio. Il mio studio è il mondo, a partire dal set fotografico più bello in assoluto, la mia città. Roma.
INFO: http://luigiscuderi.it/