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Al Mamì Bistrot la mostra fotografica di Roberto Del Bianco

Come un’energia incontenibile, l’arte si risveglia gradualmente tra le pieghe dei dpcm. 

A metà gennaio, a Rivabella di Rimini, ripartono gli eventi culturali del Mamì Bistrot con la mostra del fotografo Roberto Del Bianco (pesarese di nascita ma ormai riminese doc), molto noto soprattutto sui set del grande sport ma, spesso, protagonista di alcuni progetti fotografici di grande spessore artistico.  

Nell’elegante maison sul lungomare Toscanelli, Del Bianco esporrà, dal 15 gennaio, alcuni lavori tratti dalle sue pubblicazioni “Un carattere complesso” e “Infinito”. 

La prima raccolta tratteggia la prospettiva inedita del mare “oltre l’estate”, la seconda è un geniale atto di ribellione alla carcerazione da lockdown. 

“Un carattere complesso – spiega Del Bianco – è un progetto dedicato al mare d’inverno, una carrellata d’immagini realizzate percorrendo per 4-5 anni il litorale romagnolo da Ravenna a Cattolica. Una serie di scatti per catturare l’anima più inconsueta dei paesaggi balneari, quelli distanti anni luce dalle spiagge affollate dai turisti, fotografie in cui la presenza antropica dell’uomo non si vede, ma si percepisce soltanto. Il titolo stesso della raccolta vuole raccontare l’identità mutevole di un ambiente che troppe volte siamo abituati ad ammirare solo d’estate, perdendoci una delle prospettive più affascinanti del suo ciclo vitale”. Tre di queste foto sono state per altro scelte dal celebre fotografo Franco Fontana che le ha selezionate per alcune sue mostre collettive. 

“Infinito” invece è il suo ultimo lavoro artistico, quello realizzato duranti i due mesi della clausura pandemica: “Ho scattato una foto al giorno dalla finestra del quinto piano di casa mia – spiega – per raccontare, nell’apparente staticità di quel periodo, l’infinita mutevolezza del mare. E’ un progetto fotografico che ribalta il concetto stesso di lockdown e che dimostra che anche la carcerazione domestica può offrire spunti artistici molto intriganti. Il risultato di quel lavoro – sessanta immagini con lo stesso soggetto ma tutte profondamente diverse – è stato un modo per esorcizzare i ricordi tristi e per dare un senso ad un periodo che abbiamo vissuto come una prigione e che, invece io ho voluto interpretare come un’opportunità”. 

Nell’era del digitale e delle limitazioni imposte dal Covid, il graduale ritorno alle mostre “dal vivo” anche per Del Bianco rappresenta un aspetto molto importante: “Un conto è osservare un’immagine attraverso lo schermo freddo di un computer – spiega – un altro è guardarla su una stampa fotografica che, per un fattore emozionale e di qualità, non sarà mai sostituibile. Per questo tornare ad esporre le mie fotografie al Mamì sarà come riannodare il senso di un discorso brutalmente interrotto e che, oggi, ritrova finalmente la sua vera dimensione artistica”.

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