Pietro Gagliostro da trent’anni è la voce e l’anima di International Dance, programma che va in radio in FM da trent’anni. Raccontare tutta la sua passione per la musica e non è facile. Lo abbiamo raccontato, perché anche nei tempi difficili che stiamo vivendo la musica ed il ritmo possono illuminare notti e giorni. Tutta l’intervista, lunga e densa, è disponibile a questo link:
http://bit.ly/AllaDisco-InternationalDance
Tra i dj che più spesso si alternano come ospiti di International Dance, ci sono Klem Lamberti, Gigi de Martino, Sergio Mauri, Michele Parisi, Andry J, Daniele Petronelli, DJ Global Byte, Robber Hawk, Mitch B., Alex Belloni, Lysa Chain, Alex Phratz e Outwork.
Ci racconti brevemente chi sei?
Mi chiamo Pietro Gagliostro, ho 52 anni e vivo a Palmi (RC), una piccola cittadina carina e ricca di musicisti e appassionati di musica. Pur facendo radio da 34 anni in maniera professionale nella vita faccio altro. Nulla però mi ha impedito in tutti questi anni di coltivare la mia grande passione per la radio e la manipolazione del suono. Sin da piccolo avevo sempre con me un radio registratore portatile con il quale mi dilettavo a registrare qualunque cosa e a cimentarmi nei montaggio su audio cassetta inoltre il sintonizzatore del mio hi-fi era acceso almeno 10 h al giorno su emittenti che proponevano musica dance. La radio e la musica erano proprio la mia passione e nonostante i sogni e le speranze di poter entrare a far parte di una radio quest’ultimi mi sembravano lontani dalla mia portata.
Come vedi i dj e la musica dance in questo periodo? E com’era invece la scena 30, 20 o 10 anni fa?
I dj professionisti, in questo momento, se la passano proprio male….purtroppo il lockdown non permette di poter lavorare e tanti colleghi devono fare altro per sbarcare il lunario. Se la situazione non dovesse cambiare a breve si rischia il collasso totale del settore della nightlife. La musica dance non se la passa proprio meglio. I fasti degli anni 90 / 2000, non torneranno mai più; ormai tutto e alla portata di tutti e questo a causa anche di troppa tecnologia che ha appiattito e inflazionato il settore. Oggi fare un disco è alla portata di tutti, basta una daw, un buon ghost producer, un po’ di marketing ben pagato e il gioco è fatto. E’ scomparsa la voglia d’impegnarsi a realizzare dischi di un certo livello. Molti perdono tempo a fare inutili mash-up, a copiare la struttura dei dischi di successo per farne degli altri o a fare i remix triti e ritriti di tracce famose. Ormai tracce di massa senza un futuro. Su 100 demo che ricevo in una settimana 95 li si può tranquillamente cestinare.